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La pandemia coronavirus sta diffondendo lo smart working, ma potrebbe essere pericoloso come un virus aziendale.

Molti anni fa andai a fare una consulenza in sede presso un’azienda cliente della mia agenzia investigativa. Il direttore del personale italiano, col quale ero in riunione, si collegò in teleconferenza (la prima che avessi mai visto) con i suoi superiori presso la casa madre estera e parlammo comodamente del problema che affliggeva l’azienda, spionaggio industriale se ricordo bene.
Terminato il collegamento manifestai il mio entusiasmo per il miracolo tecnologico cui avevo appena assistito e commentai che la teleconferenza in futuro avrebbe potuto far risparmiare moltissime spese rendendo inutili le trasferte e le conferenze aziendali. Il direttore, persona di esperienza, mi disse d’essere scettico sulla questione: secondo lui lo spostamento dei dipendenti era rigenerante per i dipendenti stessi e sarebbe stato dannoso tenerli tutti chiusi in azienda ad osservare il mondo solamente attraverso uno schermo.
Il direttore aveva ragione, perché a distanza di qualche anno lessi di uno studio sociologico che sosteneva essere abbrutente per i dipendenti e anti-produttivo per le aziende non organizzare mai nessuna trasferta del personale. Lo studio suggeriva che, anche in caso di lavoratori le cui mansioni non prevedano mai alcuno spostamento, sarebbe consigliabile organizzare gite o simposi aziendali. E chiudeva dicendo che, salvi i casi di lavoro concettuale o creativo, persino lo spostamento casa-lavoro e viceversa ha una sua componente motivazionale e rigenerante.

Quando il telelavoro era ai suoi albori un imprenditore mio cliente mi disse (scherzando) che non avrebbe più avuto bisogno della mia agenzia investigativa per casi di assenteismo, perché avrebbe riorganizzato la sua azienda con lo smart working: riuscì a realizzare il progetto solamente col 30% dei suoi impiegati. Dopo un’iniziale impennata di produttività (dovuta all’entusiasmo) ci fu un assestamento in negativo. Deve rivolgersi ancora all’agenzia investigativa per via di nuove generazioni di assenteisti capaci di praticare l’ubiquità sfruttando la tecnologia. Ha molti più problemi di altre infedeltà aziendali connesse allo spionaggio e alla concorrenza sleale; io penso che giochino un ruolo determinante la lontananza dalla propria azienda e il senso di impunità da tastiera.
La agenzia investigativa Octopus si è dovuta attrezzare e orami conta su una vasta esperienza per affrontare questi nuovi dipendenti infedeli a distanza.

Potete immaginarvi i danni che potrebbe fare il telelavoro, se abusato per via dell’emergenza Covid-19 e non adeguatamente regolamentato nell’interesse dell’azienda e della sanità mentale dei suoi dipendenti. Molte aziende lo stanno già praticando, alcune di queste sono clienti della mia agenzia investigativa, tuttavia, per ciò che ho potuto personalmente vedere, lo fanno dove c’è un rapporto fiduciario forte e (ammettiamolo) su posizioni lavorative la cui produttività è facilmente verificabile. Inoltre conta molto la floridezza dell’azienda, perché lo smart working richiede investimenti iniziali importanti (si pensi solamente ai costi per garantire la sicurezza di un intero ufficio perennemente on-line) e l’assunzione del rischio di un rendimento fluttuante.

Pubblicato in data: 20 Apr 2020

 

 

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