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Da investigatore privato titolare dell’agenzia investigativa Octopus assisto quotidianamente a una dannosa contro-cultura delle armi in Italia.

Si dice che per valutare giustamente qualsiasi argomento si debba conoscerlo bene, ma in Italia è diffusa una contro-cultura delle armi che si rifiuta di affrontare seriamente l’argomento, criminalizzando i cittadini col porto d’armi e mostrandosi troppo indulgenti con i criminali armati. Conosco bene l’argomento da cittadino e da investigatore privato titolare dell’agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda.

Recentemente ho letto un articolo il cui autore raccontava scandalizzato d’aver intravisto una trentina d’anni fa il calcio d’una pistola, regolarmente detenuta e portata, alla cinta di un Giudice Onorario durante un’udienza. Lo stesso autore si mostrava particolarmente sorpreso dalla (secondo lui) sinistra abitudine di armarsi in udienza e raccontava con sollievo della decisione del 2018 da parte del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria di revocare la facoltà di armarsi ai Vice Procuratori Onorari. Sarebbe bello poter chiedere un parere anche all’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, al Giudice Fernando Ciampi e all’imputato Giorgio Erba, tutti uccisi a colpi di pistola da Claudio Giardiello proprio in un’aula del Tribunale di Milano il 9 aprile 2015.

Negli Stati Uniti, cui purtroppo assomiglieremo sempre di più a causa della globalizzazione, molti anni fa la Smith & Wesson mise in produzione un revolver denominato Judge e destinato all’autodifesa dei magistrati in aula, che venivano spesso aggrediti mortalmente durante i processi.

Tornando all’articolo, il suo autore sottolineava scandalizzato che alcuni Vice Procuratori Onorari sentivano il bisogno d’essere armati anche senza aver subito minacce o aggressioni, secondo una filosofia vecchia quanto l’umanità di correre ai ripari quando è troppo tardi.
Questo atteggiamento ignorante in fatto di armi e di difesa personale mi fa pensare a quando un detective privato della mia agenzia investigativa Octopus di Treviglio fu fermato dai Carabinieri e gli fu contestato il colpo in canna della sua pistola da difesa, come se ci fosse il tempo di camerare il colpo in caso d’aggressione. Il mio investigatore privato tentò una spiegazione tecnica, ma, visto il basso livello di conoscenza, ripiegò chiedendo ai Militi di mostrargli quale legge vietasse di girare col colpo in canna e fu rilasciato senza ulteriori predicozzi. Evitò saggiamente di fare il paragone con la propria back-up a tamburo con colpo in canna “perenne”, che l’Appuntato non gli aveva trovato alla caviglia durante la perquisizione, proprio a causa di una scarsa cultura sulle armi.

Come scrissi nel mio libro ’Cameras&Guns – Manuale di fotografia e d’armi per investigatori’: “Sono convinto che la tendenza di molti governi a disarmare i propri cittadini dipenda più dalla volontà di controllare la popolazione che da esigenze di sicurezza. Leggi restrittive in fatto di armi trovano profonde radici nell’antichità: quando l’imperatore di turno, ossessionato dalle congiure, permetteva solamente ai cavalieri più fedeli di girare armati e mozzava la testa a chiunque altro. Altrimenti non si spiegherebbe tanta severità sulle armi a fronte di una totale condiscendenza su altre cause foriere di ferimenti e decessi ben più numerosi, come l’alta velocità delle automobili, il tabacco da fumo, i guardrail letali per i motociclisti, ecc.
Questa mia convinzione sull’origine illiberale e discriminatoria delle restrizioni sugli armamenti trovò conferma persino in Italia agli inizi degli anni ’90, quando Umberto Bossi, in stile Pier Capponi, fece velate minacce, riferendosi alle doppiette dei suoi accoliti. In curiosa concomitanza con quella sparata (a salve) di Bossi, molte Prefetture del nord emisero porti d’arma col divieto di acquistare più di 50 cartucce all’anno. E vi risparmio le grottesche conseguenze di un simile provvedimento.”

Ovviamente, anche nella faccenda delle armi ai magistrati, si tende ad essere severi coi più deboli e servili coi più forti, poiché il provvedimento di revoca del porto d’arma senza licenza non tocca i magistrati di professione, anche quando questi ultimi sono temporaneamente collocati fuori del ruolo organico. La spiegazione della ratio legis sta nel fatto che i magistrati onorari, a differenza di quelli di carriera, si occupano di casi minori, per i quali il rischio di ritorsioni violente sarebbe molto basso; ma bisognerebbe chiederlo a tutti i morti ammazzati per futili motivi da criminali stupidi o da squilibrati.

Nella mia carriera di investigatore privato titolare dell’agenzia Investigazioni Octopus, ho assistito a tali ingiustizie in fatto di porto d’armi da lasciare senza parole: licenze negate a donne minacciate di morte dall’ex-marito e allegramente rilasciate a veterinari affinché non si lasciassero rubare i medicinali a base di morfina.

Ultimamente si sta praticando una stretta generale, ma solo per finta. Si possono detenere facilmente un numero spropositato di fucili e pistole per uso sportivo, sottoponendosi a una visita medica ogni cinque anni. Mentre l’Autorità ritira sistematicamente i porti d’arma per difesa personale, che sono maggiormente controllati da una visita medica annuale e non riguardano la caccia in cui si uccide per divertimento. Nonostante la stragrande parte degli omicidi e femminicidi avvenga con armi da fuoco detenute illegalmente o per uso sportivo.

Pubblicato in data: 25 Jul 2023

 

 

 


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